Dislessia: tra difficoltà ed estro
Il nostro bagaglio di conoscenze è costituito in gran parte da informazioni apprese attraverso la lettura, intesa come capacità di “comprendere” e rappresentare il contenuto di ciò che si legge e non solo come capacità di pronunciare le parole di un testo in modo corretto e veloce.
Secondo il DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), la dislessia rientra nella più ampia categoria dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) che, accanto al disturbo di lettura, annovera anche la disortografia, ovvero il disturbo di scrittura, la disgrafia, ovvero il disturbo nella grafia, e la discalculia, ovvero il disturbo nell’abilità di calcolo e di numero.
Per formulare la diagnosi di dislessia è necessaria la presenza di più requisiti:
- un livello di lettura, misurato da test standardizzati, sulla performance, velocità o comprensione della lettura, inferiore alla norma sulla base dell’età cronologica del soggetto, della valutazione psicometrica dell’intelligenza e di un’istruzione adeguata all’età;
- un’interferenza significativa tra il deficit riscontrato e l’apprendimento scolastico o di tutte quelle attività quotidiane che richiedono capacità di lettura;
- la differenziazione tra le normali variazioni nelle abilità di lettura e la dislessia stessa.È possibile descrivere varie forme di dislessia. La distinzione di base riguarda l’epoca di insorgenza del deficit di lettura che permette di distinguere la dislessia acquisita da quella evolutiva.
La prima si verifica di solito, in seguito a qualche evento patologico che ha provocato delle lesioni nelle aree corticali coinvolte nel processo di codifica, mentre la seconda si manifesta nelle fasi iniziali dell’apprendimento della lettura: il bambino mostra immediatamente difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto e ad individuare ed automatizzare le corrispondenze tra suoni e segni grafici.
In genere, il problema diventa molto evidente in seconda o in terza elementare, quando leggere dovrebbe essere automatico e finalizzato alla comprensione del testo, ma già dalla scuola materna si possono osservare difficoltà significative nel manipolare i suoni nelle rime e nelle filastrocche.
Ma non è sufficiente vedere un bambino con difficoltà di lettura per affermare tranquillamente che si tratti di dislessia! Una corretta diagnosi necessita di criteri di valutazione attendibili e validi.
È per questo che vanno analizzate più aree dello sviluppo, tra le quali il Q.I. misurato attraverso le diverse scale Wechsler in relazione alla fascia di età dei soggetti, suddivisibili in WISC-R per bambini da 6 a 15 anni e WAIS-R per adulti.
Secondo l’AID, Associazione Italiana Dislessia, è possibile individuare diversi sintomi e molteplici caratteristiche, suddivise in categorie, che consentano di meglio specificare il disturbo di lettura.
La prima categoria riguarda le caratteristiche dell’apprendimento di un bambino dislessico: l’acquisizione di abilità legate alla prima fase dello sviluppo, quali camminare e parlare, risulta più lenta rispetto alla media; la capacità di lettura e di scrittura è significativamente inferiore alla vivacità intellettiva; il bambino ha poca stima di sé, sembra pigro, sbadato, immaturo e non si impegna; eccelle in materie quali l’arte, la musica, lo sport, ma mostra difficoltà nella matematica; ha un’ottima memoria a lungo termine ma una scarsa memoria a breve termine e scarsa attenzione.
La seconda categoria comprende le caratteristiche del linguaggio: il bambino è molto lento nella lettura; legge male ad alta voce; nella letto-scrittura mostra ripetizioni, aggiunte, omissioni, sostituzione di lettere o di numeri; si confonde con alcuni tipi di lettere, numeri o parole e tende ad invertirli; durante la lettura manifesta mal di testa, giramenti di testa o altre forme di malessere.
La terza categoria riguarda le caratteristiche motorie e della visione: il bambino dislessico quando legge dichiara di vedere le parole muoversi; ha difficoltà con i compiti che implicano abilità motorie; la sua scrittura è illeggibile, capita spesso che non sia in grado di leggerla; spesso confonde la destra con la sinistra e il sopra con il sotto; il suo modo di scrivere non è univoco: a volte è chiaro ed ordinato, altre volte è totalmente illeggibile.
Infine, l’ultima categoria include le caratteristiche del comportamento: il bambino dislessico è molto disordinato; in classe disturba o è troppo calmo; ha una soglia di sensibilità al dolore molto elevata o molto bassa; è ipersensibile; i problemi scolastici lo rendono ansioso; ha problemi a gestire il tempo e ad essere puntuale.
Tuttavia, a differenza di quanto si possa immaginare, il bambino dislessico è brillante, molto creativo, dotato di un’intelligenza superiore alla media e di una forte produttività, solo con una differente modalità di apprendimento rispetto ad altre persone.
Oggi, numerose ricerche hanno dimostrato che le tecnologie informatiche e specifici software, possono costituire un valido aiuto nelle diverse fasi di attività: screening, diagnosi e riabilitazione. Inoltre, questi possono essere usati come strumenti compensativi in quanto consentono di “compensare” difficoltà di esecuzione di compiti automatici derivanti da una disabilità specifica.
Per approfondire:
- DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, APA, Raffaello Cortina Ed., 2013;
- Stella, G., La dislessia, Ed. Franco Angeli, 2013;
- Wechsler, D., WAIS-R. Scala d’Intelligenza Wechsler per Adulti-Riveduta. Tr. it. O.S. Organizzazioni Speciali, 1997.
Autrice: Lorella Cartia